GIOVENTU’ A OTRO

Gioventù a Otro (“in Olter”)

Guardo fuori dalla finestra, mentre la neve cade silenziosa, il crepitio della stufa accesa mi tiene compagnia. La neve ricopre tutto con un velo candido ed i contorni si fanno più morbidi; mentre assaporo il calore della cucina, i miei pensieri, liberi e leggeri, volano nel passato?

Sto preparando il pranzo nella piccola cucina della casa di Alagna, nella quale ho trascorso dal 1919, anno in cui sono nata, al 1945, anno del mio matrimonio, la mia gioventù. Il caminetto è acceso, sul fuoco borbotta una pentola di patate lesse.
Il pranzo di questa fredda giornata invernale è ricco: patate e formaggio affumicato (“ds molche”). Questa mattina, dopo aver dato da mangiare alle mucche, ho pulito la stalla e poi ho aiutato la mamma a preparare il pranzo. Le mucche sono scese dai pascoli di Otro la scorsa settimana. E’ stata una fatica, ma, come ogni anno, siamo riusciti a portare a valle il fieno ed il bestiame. Avendo già nevicato abbondantemente le mucche hanno percorso, da Otro fino ad Alagna, la strada innevata battuta dai componenti delle varie famiglie che devono far scendere in paese animali e fieno. Qualcuno, per portare nella stalla tutto il fieno necessario per sfamare gli animali durante l’inverno, ha dovuto percorrere anche due o tre volte la mulattiera ghiacciata?
Mentre le mucche tranquille ruminano nella stalla, salgo le scale che portano alla dispensa (“der spicher”), apro la porta di legno: il profumo dei salami appesi, del prosciutto crudo, del lardo e del pane mi avvolgono; la dispensa è ben fornita per l’inverno che, come ogni anno, sarà lungo e freddo. Prendo una forma di pane e poi scendo in cantina; anche la cantina è ricca di provviste: patate, rape, carote ed il formaggio affumicato che porto in cucina.
Questo formaggio l’abbiamo preparato durante l’estate utilizzando ciò che si avanza dopo aver lavorato il latte. L’avanzo del latte è prezioso: viene fatto bollire poi è posto dentro un recipiente di legno bucato; dopo alcuni passaggi per far fuoriuscire l’acqua residua dal contenitore, quest’ultimo viene coperto con un asse di legno sul quale viene posta una pietra. L’asse si abbassa fino a quando il formaggio diventa duro. Il procedimento dura circa una settimana dopodiché il formaggio viene posto vicino al camino per farlo affumicare, perché affumicato e salato si conserva bene per tutto l’inverno.
Il duro lavoro dell’estate e dell’autunno per”approvvigionare” la dispensa, la cantina ed il fienile, permetterà, anche quest’anno, di avere cibo a sufficienza per noi e per le nostre mucche.
Questa sera mi godrò un po’ del tepore della nostra cucina, vicino alla stalla, al chiarore della”centilena” (“di erzkatzula”), dopo cena, io e la mamma, confezioneremo gli”scapin”(“sokka”) Proprio la scorsa settimana la mamma ha messo da parte l’occorrente per preparare gli scapin: una tela pesante e spessa per confezionare la parte superiore, pezzi di stoffa da utilizzare per la suola, ricavati da ritagli di vecchi vestiti ormai lisi, e la canapa per cucirli.
La canapa, raccolta nel mese di settembre, è coltivata da tutte le famiglie di Otro perché non serve solo per cucire, ma anche per accendere il fuoco. Dopo essere stata raccolta viene messa a macerare per circa 3 settimane dentro un buco (“di roussa”), scavato nel terreno, dagli anziani del villaggio, e riempito con l’acqua di scarico del lavatoio del paese. Viene poi fatta asciugare sulla”lobbia” (“der schopf”) e sfilata per ottenere le cannette che serviranno per accendere il fuoco.
L’inverno è rigido, ma passa veloce e, per fortuna, il mese di marzo non è poi così lontano. A marzo, dopo S. Giuseppe, salirò con le mucche e la mia famiglia nella casa di Dorf (“in Dorf”, frazione di Otro). Il paesaggio sarà ancora abbracciato dal manto di neve invernale, ma nella stalla abbiamo lasciato un po’ di fieno della scorsa estate, che sfamerà le mucche fino a quando, in primavera, non nascerà l’erba nuova.
I prati ancora innevati di fine inverno sono sempre stati preziosi alleati per fare il bucato. Nelle belle giornate primaverili, infatti, i lenzuoli dopo essere stati ben insaponati, vengono stesi sulla neve per due o tre ore. Dopo un risciacquo, vengono quindi fatti asciugare sulla lobbia: il risultato è un bucato dal bianco perfetto, candido come la neve!
All’inizio dell’estate, il 29 giugno, giorno di S. Pietro, raggiungeremo invece l’alpeggio di Pianmisura inferiore (“d’Likk Piamisiru”). L’estate, nonostante il lavoro pesante della campagna, mi piace : è bello portare al pascolo le mucche perchè, ascoltando il tintinnio dei loro campanacci ed il fruscio del torrente che solca il prato, mi sento felice e libera come gli uccelli che volteggiano nel cielo.
La giornata comincia alle 4 del mattino con la mungitura delle mucche, la pulizia della stalla e la preparazione del pranzo da consumare mentre gli animali saranno al pascolo.
Alle 7 del mattino io e la mia amica Erina , con il nostro bestiame, saliamo nei pascoli alti del passo del Foric (“Foric pass”), l’erba è buona e le mucche pascolano tranquille per l’intera giornata. Per pranzo uno spuntino con un pezzo di pane, due fette di lardo ed una bottiglia di latte, poi nel pomeriggio si ritorna all’alpeggio.

Gli alpeggi di Pianmisura, dopo il lungo silenzio invernale, si popolano di bestiame e di gente, e tutto riprende vita; durante le giornate estive c’è sempre tanto lavoro da fare: bisogna fare il fieno per l’inverno, portare al pascolo le mucche, lavorare il latte, curare l’orto, fare il bucato, ma ci si aiuta tutti come in una grande famiglia.
D’estate l’alpeggio è abitato non solo dalla gente di Alagna, ma anche dalle”massere” (donne valsesiane) che prendono in custodia le mucche delle famiglie impegnate a fare il fieno. Le massere badano agli animali per circa tre mesi, da giugno a settembre, e sono pagate con la metà del burro, latte e formaggio prodotti dal bestiame che hanno in custodia. Inizialmente la loro paga era solo 1/3 dei latticini prodotti, ma nel tempo, visto che non si trovavano più donne disposte a lavorare negli alpeggi, la loro”paga” è stata aumentata!
Anche le pecore delle varie famiglie, impegnate nel fare il fieno, dopo essere state numerate, sono date in custodia ad un pastore che le fa pascolare nei pascoli alti di Pianmisura e che, nel mese di settembre, le restituisce ai proprietari. La lana greggia delle pecore tosate è filata con il”filarello”, la matassa di lana filata è poi lavata con acqua tiepida, fatta asciugare ed utilizzata, infine, per confezionare vestiti. Per le maglie e le calze si utilizza un filato ottenuto con due tipi di lana: la lana nera (delle pecore nere) e la lana bianca.

Fuori nevica, cammino verso la stufa, trascinando le mie gambe stanche, ed attizzo il fuoco?

La mia gioventù, trascorsa lavorando in quegli alpeggi, se n’è andata via, rapita da un tempo che corre veloce? Come era semplice la vita allora, bastava poco per divertirsi; i momenti di svago erano rari, ma noi eravamo felici con niente… Accudire alle bestie ed alla campagna era un lavoro faticoso che ci teneva impegnati tutti i giorni dell’anno; l’unica festa veniva fatta il 5 di Agosto, era la festa della Madonna delle Nevi.
In quell’occasione veniva celebrata la messa a Follu (“in Follu”, frazione di Otro), poi ci ritrovavamo per il pranzo a Dorf (“in Dorf”, frazione di Otro) e ci divertivamo tutti, vecchi e giovani, ballando e cantando con il suono dell’organino a bocca.
Quello era l’unico giorno in cui le mucche venivano pascolate al mattino e chiuse nelle stalle per tutta la giornata: per noi era veramente un giorno di festa!
La nostra vita era legata ai ritmi della natura ed a quelli del bestiame e le fatiche della giornata erano dimenticate solo quando, sfiniti, ci coricavamo sul nostro letto di foglie di faggio. Un buon riposo e, il giorno successivo, eravamo di nuovo pronti per affrontare il duro lavoro.
Il mese di settembre vedeva le varie famiglie impegnate nella raccolta delle patate, della canapa e del grano. Quanto lavoro c’era per trasformare il grano in pane?
Le spighe di grano,dopo essere state raccolte, venivano legate a mazzetti e le si metteva a seccare sulle travi della lobbia per circa un mese. I singoli mazzi erano poi battuti contro la parete di legno del balcone per fare uscire il grano che veniva raccolto in un lenzuolo. Dopo essere stato battuto il grano era messo dentro il”val” (“di wanna”) e lo si scuoteva per togliere tutte le spighe e le erbe residue. Quando era pulito lo si portava, dentro un sacco, a macinare a”Gender” (“in d’Sender”, frazione sotto Otro). Vicino al ruscello, c’erano due vecchi mulini che erano d’uso comune agli abitanti di Otro. Ai mulini ci si recava nel mese d’ottobre: ricordo ancora la fatica per scendere al mulino con la”gerla” (“der chourb”) piena di grano da macinare e poi nel risalire ad Otro con i pesanti sacchi di grano macinato!
Ma gli sforzi erano condivisi con le altre famiglie e, se si voleva avere il pane per l’inverno, si doveva per forza faticare un po’ in autunno!
Per gli abitanti di Otro fare il pane è sempre stata un’occasione di festa. Il pane veniva preparato nel mese di novembre ed era un’occasione per lavorare tutti insieme.
Per fare il pane le donne del paese preparavano, in un contenitore di legno, il”crescente” (lievito per il pane), che veniva successivamente mescolato con la farina. Con l’impasto si preparavano poi tanti pallini che erano messi a riposare, per circa mezz’ora, sopra assi di legno dentro una stalla con le mucche, perché il calore degli animali faceva lievitare il pane. Si andava poi al forno di Dorf , dove gli uomini avevano preparato il fuoco per fare cuocere il pane per tutte le famiglie del paese. Si facevano due tipi di pane il pane nero con grano e biada ed il pane con grano e meliga.

In quell’occasione venivano preparati anche una grossa torta e piccoli panini a forma di pulcino e di uova per i bambini: fare il pane era un modo per stare insieme ed era anche un momento di festa! Anche la raccolta della legna era fatta da tutte le famiglie insieme; il legname, raccolto con il contributo di tutti, era disposto in mucchi, tutti d’uguale dimensione. I mucchi erano poi numerati ed ogni famiglia aveva un”diritto sulla legna raccolta”, le spettavano cioè un certo numero di mucchi in base ai diritti di proprietà che la stessa aveva sui prati o sui boschi. C’era sempre una persona anziana del villaggio che, in appositi registri, teneva la contabilità dei diritti di proprietà delle famiglie e che stabiliva il numero di mucchi spettante ad ognuna. Una volta fissata la quantità di legna spettante ad ogni nucleo familiare, la ripartizione dei mucchi avveniva estraendo a sorte dei numeri che si trovavano dentro un cappello.

Ha smesso di nevicare, è ora di cena. Stasera mangio patate con il formaggio. Accendo la televisione ed ascolto il telegiornale. Il peso dei miei 87 anni lo sento sulle gambe, stanche ed affaticate, lo vedo nelle mie mani deformate dal freddo e dal lavoro nei campi.
Il cammino della mia vita, è stato veloce, il tempo si è portato via, come in un soffio, quegli anni di gioventù ad Otro. Anni che non torneranno più, ma che, ogni tanto rivivo, raccontandoli a chi mi viene a trovare. Ricordare quel mondo duro, ma semplice in cui ho vissuto, mi rende felice, mi fa sentire bene. La mia gioventù ad Otro è racchiusa in uno scrigno di ricordi preziosi che conservo nella mente e nel mio cuore, ricordi di anni solcati da tanti fatiche, ma che hanno arricchito di umiltà, semplicità e serenità la mia vita e la mia vecchiaia.


Simona Giardino

Nota: questo articolo l’ho scritto raccogliendo i ricordi della vita della mia nonna Emma che ha vissuto la sua gioventù a Dorf (Otro), a Pianmisura e ad Alagna; i nomi in tedesco sono la traduzione di oggetti o di luoghi nell’originale dialetto walser (Tiztschu)